Roma, 25 set. (AdnKronos Salute) – Sempre meno infermieri in Italia. Dal 2009 il Paese ne ha persi 12.031. E Ocse e Oms lanciano l’allarme: “Questi professionisti sono pochi rispetto agli abitanti per garantire l’efficienza dell’assistenza e per affrontare le sfide emergenti di cronicità e invecchiamento”. A riferire la presa di posizione delle due organizzazioni internazionali è la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi). L’Ocse ricorda che “gli italiani invecchiano e la domanda di assistenza sanitaria sale. La popolazione italiana è una delle più vecchie al mondo: quasi il 20% supera i 65 anni di età e, secondo i dati Istat, nel 2050 circa l’8% degli italiani avrà più di 85 anni. Il sistema sanitario italiano, al momento, potrebbe non essere in grado di far fronte a questi cambiamenti, in particolare per quanto riguarda il rinnovo e l’assunzione del personale infermieristico. Si calcola che la carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, aumenti ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all’anno) e le nuove assunzioni (8 mila all’anno)”. “L’Italia – ha ribadito l’Oms durante la sua 68esima Assemblea generale, svoltasi dal 17 al 20 settembre a Roma – deve affrontare un quadro di malattie croniche, principalmente a causa dell’invecchiamento della popolazione, che chiedono una risposta assistenziale complessa, proattiva, personalizzata”. Per farlo, secondo l’Oms la Penisola deve rispondere ad alcune sfide tra cui, oltre a difendere meglio l’accesso universale all’assistenza, deve aumentare ancora una volta il numero di infermieri. “Complessivamente il numero degli operatori del sistema sanitario è cresciuto negli ultimi 10 anni, ma il numero di infermieri rimane basso: 6,5 ogni mille abitanti, mentre la media Ue è di 8,4”. Secondo i documenti internazionali di Ocse e Oms, alla luce di una popolazione che invecchia (22% sopra i 65 anni nel 2015, la più anziana in Europa), che spende pochi anni in buona salute (7,7 anni rispetto a 9,4 in media nell’Ocse) e crescenti necessità per un’assistenza sanitaria di lungo termine, il numero di infermieri laureati negli ultimi 20 anni è aumentato, grazie a un migliore iter formativo e a un cambiamento nei requisiti d’ingresso per incentivare l’iscrizione. Ma non basta: il numero di infermieri laureati rimane il quinto più basso nell’Ocse (20,6 per 100 mila persone rispetto alla media Ocse di 46). E parlano chiaro i dati internazionali, che si affiancano alla carenza già denunciata dalla Fnopi di non meno di 51-53 mila infermieri: l’Italia tra i Paesi Ocse è al 24° posto (su 35 Paesi) nel rapporto infermieri ogni mille abitanti (al 15° nell’Ue a 28) e dopo di lei, Spagna a parte, ci sono nazioni che non brillano per l’organizzazione dei servizi sanitari, mentre ai primi posti ci sono i Paesi del Nord Europa (Norvegia, Svizzera, Danimarca, Islanda, Finlandia, la stessa Germania e così via), tutti a partire dai 7,9 infermieri per mille abitanti del Regno Unito (che pure chiede infermieri all’Italia), fino ai 17,7 della Norvegia. In Italia in realtà la situazione va peggiorando e si perdono in media tra i 2.500 e 4.500 infermieri l’anno: dal 2009 (anno dell’ultimo contratto e anno in cui sono iniziati i piani di rientro per le Regioni fortemente in deficit economico, quasi tutte del Sud) si sono perse 12.031 unità di personale. La carenza di infermieri è considerata un grave rischio per i sistemi sanitari anche a livello internazionale. La campagna ‘Nursing Now’, avviata quest’anno da Oms e Icn, l’International Council of Nurses, Consiglio internazionale delle infermiere, sottolinea anzitutto che senza interventi – ritenuti necessari e urgenti – nel 2030 mancheranno nel mondo 9 milioni di infermieri e aggiunge che è necessario migliorare la percezione degli infermieri, migliorare la loro influenza e massimizzare il loro contributo per garantire che tutti abbiano accesso alla salute e all’assistenza sanitaria. La campagna Oms-Icn prevede entro la fine del 2020 di raggiungere cinque obiettivi, analoghi in gran parte a quelli già evidenziati nella ricerca Oasi 2017 dalla Sda Cergas Bocconi: maggiori investimenti per migliorare la formazione, lo sviluppo professionale, gli standard, la regolamentazione e le condizioni di lavoro per gli infermieri; maggiore e migliore diffusione di pratiche efficaci e innovative nell’infermieristica; maggiore influenza per infermieri sulla politica sanitaria globale e nazionale, come parte di un più ampio sforzo per garantire che la forza lavoro della salute sia maggiormente coinvolta nel processo decisionale; più infermieri in posizioni di comando e maggiori opportunità di sviluppo a tutti i livelli; fornire ai responsabili politici e decisionali riferimenti per comprendere dove l’infermieristica può avere il maggiore impatto, cosa impedisce agli infermieri di raggiungere il loro pieno potenziale e come affrontare questi ostacoli.
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