Il ministro paga le uscite sui giovani all’estero e sul referendum Jobs act
La gaffe sui “giovani che vanno all’estero ed è bene che ci restino” e l’improvvida uscita sulle elezioni “da fare rapidamente per disinnescare il referendum sul Jobs act” costeranno con tutta probabilità il posto di ministro del Lavoro a Giuliano Poletti.
Domattina Poletti dovrà riferire in Senato sulle sue dichiarazioni che hanno messo in imbarazzo l’esecutivo e causato sdegno nell’opinione pubblica. Alcuni sono pronti a scommettere che non si presenterà nemmeno, rassegnando prima le dimissioni, oppure che annuncerà l’ addio al governo durante il suo discorso, per evitare il dibattito.
Il problema, infatti, è la mozione di sfiducia depositata dal Movimento 5 Stelle che verrà probabilmente votata il 18 gennaio. Oltre ai pentastellati, hanno annunciato il voto contro il ministro la sinistra PD, Sinistra Italiana, la Lega di Salvini più qualche ‘cane sciolto’ di Forza Italia.
L’ orientamento di voto degli azzurri al Senato sarà decisivo, ma nella minoranza Pd cominciano a circolare dubbi: sfiduciare in Aula il ministro avrebbe come risultato quello di abbattere l’ intero governo e, di conseguenza, potrebbe tramutarsi in un favore dei suoi acerrimi nemici al leader Pd, che ha fretta di andare alle elezioni e vuole “liberarsi” di Paolo Gentiloni. Anche per questa ragione da Palazzo Chigi preferirebbero che Poletti – che nemmeno voleva essere confermato a dicembre – si dimettesse di sua spontanea volontà.
Lavoro: Poletti verso le dimissioni per evitare la sfiducia
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