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anno II numero 1 - gennaio / febbraio / marzo 2019

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GLI ESPERTI RISPONDONO

“Contratto sanità? Ecco i nodi della prossima tornata”

Il presidente Aran Naddeo a Nursind Sanità: “Siamo pronti per ripartire, mai avuta questa continuità”. Poi aggiunge: “Forse si potrebbero rivedere e razionalizzare le indennità”. Su Cgil e Uil: “Conto ancora che le adesioni si allarghino”

Il presidente dell’Aran Antonio Naddeo ha la voce soddisfatta al telefono, anche perché dopo cinque mesi di tribolazioni non era affatto scontato poter chiudere l’accordo sul contratto sanità. Intesa, siglata il 18 giugno scorso, che fino all’ultimo minuto è apparsa in bilico. “Potevamo fare questo contratto già prima: ma ora che sono concluse le procedure per le Rsu, abbiamo già l’accordo sui comparti e abbiamo pure le risorse per la tornata 2025-2027, siamo in grado di avviare la nuova fase negoziale, come da input del ministro Zangrillo. Non abbiamo mai avuto questa continuità nella contrattazione”, sottolinea a Nursind Sanità.

È tempo già di guardare all’autunno, quando arriverà il nuovo atto di indirizzo delle Regioni e potrà aprirsi il nuovo tavolo. La legge di Bilancio 2025 prevede fondi complessivi per 10,855 miliardi di euro sul triennio 2025-2027, con una scansione che parte da 1,755 miliardi nel primo anno e arriva a 5,55 miliardi a regime. Il titolare della Funzione pubblica punta ad aumenti del 2% annuo e Naddeo entra subito nel merito degli aspetti normativi che possono essere implementati e migliorati.

Presidente, quali istituti o temi sono stati discussi ma meritano un’ulteriore definizione nella prossima tornata?
Servirà sicuramente un’attenzione maggiore sulla questione della formazione, che solo in parte abbiamo potuto affrontare. Ci sono richieste molto specifiche, ma sto riscontrando ad esempio che va disciplinata meglio con le Regioni la questione dei 150 crediti Ecm (Educazione continua in medicina).

Poi c’è la vexata quaestio dell’area elevate qualificazioni, che ha giocato un ruolo centrale anche nello sblocco della trattativa di una settimana fa.
Abbiamo allargato i requisiti basandoci su un decreto che prevede l’equipollenza dei titoli di studio con la laurea. È un nodo che possiamo migliorare nel prossimo contratto, ma il quadro è delineato: noi abbiamo fornito lo strumento, ora devono essere i datori ad attivare le posizioni.

Altri fronti su cui lavorare?
Abbiamo il problema mensa e buoni pasto, con un contenzioso aperto che vede perdenti le aziende sanitarie. Va affrontato certamente, con opportune risorse finanziarie. Poi possiamo discutere di pronte disponibilità e turni, e forse sarebbe opportuna una revisione delle indennità. Sono tante, a volte piccole, frastagliate: andrebbero accorpate e razionalizzate per renderle più chiare e leggibili.

Resta la difficile condizione del personale del comparto.
Abbiamo messo una dichiarazione congiunta nel contratto che riguarda le condizioni di lavoro, soprattutto degli infermieri. Ma è un problema che dipende dai numeri del personale e dall’organizzazione, non dal Ccnl. Le Regioni hanno aperto un tavolo con le organizzazioni sindacali, quindi è un nodo che comporta un impegno concreto verso il miglioramento.

Cgil e Uil sono rimaste arroccate su posizioni contrarie. È possibile che ci siano ripercussioni negative in sede applicativa sui territori?

C’è un contenzioso con le sigle che non hanno firmato. Certamente ci saranno ostacoli sui territori e nelle relazioni sindacali. Ma queste sono le regole: la contrattazione integrativa la fanno innanzitutto le Rsu e poi chi firma i contratti nazionali. Regole che spesso la stessa Cgil ha difeso in passato. E comunque sa cosa le dico?

Prego.
Io conto che da qui alla sottoscrizione definitiva (prevista entro fine anno) questo contratto possa allargare la platea di chi ha siglato. Siamo aperti a nuove adesioni, altrimenti, ripeto, potrebbero esserci problemi territoriali. A noi comunque tocca difendere l’operatività del testo.

Ultima notazione sulla polemica di Cimo-Fesmed che hanno ventilato l’opportunità di togliere la rappresentanza datoriale ad Aran per la sanità e affidarla al ministero della Salute, facendo uscire gli operatori dalla Funzione pubblica.

Si tratta di scelte eventualmente politiche che esulano dalla mia competenza. Faccio notare però che tecnicamente non sarebbe un’operazione semplice. L’Aran rappresenta tutti i datori tranne quelli del comparto Sicurezza e difesa, dove il rapporto di lavoro è rimasto sotto un regime pubblicistico. Quindi copriamo circa 2,7 milioni di dipendenti su 3,2 milioni. Spostare la rappresentanza sulla sanità significherebbe modificare, appunto, anche il regime del personale e cambiare la natura giuridica del contratto. Si farebbe a quel punto un accordo con un Dpr e non più un Ccnl, proprio come i militari, con ripercussioni sulla rapidità delle procedure. Peraltro, sarebbe un paradosso firmare un contratto con l’autorità politica mentre le Regioni rimangono il vero datore. Infine, puoi anche uscire dal perimetro Aran, ma tanto il nodo risorse non cambia, i fondi sono sempre in capo al governo.

Di Ulisse Spinnato Vega

NURSIND SANITA’
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