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anno II numero 1 - gennaio / febbraio / marzo 2019

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25 marzo 2024

GLI ESPERTI RISPONDONO

UNA MANOVRA DI BILANCIO 2024 CON LUCI E OMBRE. Poche risorse per i rinnovi dei contratti e niente novità su TFS/TFR

Il DDL sul bilancio di previsione 2024 e quello per il triennio 2024-2026 contengono una manovra finanziaria per 24 miliardi di euro, due terzi dei quali finanziati in deficit, e per il restante terzo finanziata da nuove entrate o risparmi di spesa, in gran parte affidata a una spending review delle Amministrazioni Centrali.

Ma andiamo ad analizzare gli interventi e le misure più importanti che interessano da vicino il lavoro dipendente, in particolare quello pubblico.

CONFERMA TAGLIO CUNEO CONTRIBUTIVO: il DDL conferma l’esonero parziale contributivo per il lavoro dipendente e prevede 7 punti in meno per i redditi fino a 25mila euro e 6 punti in meno per i redditi fino a 35mila, con un di più medio in busta paga di circa 100 euro mensili lordi. La misura, già in essere da luglio scorso, era stata finanziata solo per il 2023; il DDL ne prolunga la vita limitandola però solo al 2024. Una scelta in favore dei redditi medio-bassi, che apprezziamo e che costa circa 10 dei 24 miliardi disponibili, ma che non farà crescere di un euro le retribuzioni 2024 dei 14 milioni di lavoratori interessati.

ACCORPAMENTO ALIQUOTE IRPEF: il DDL prevede l’accorpamento delle prime due aliquote IRPEF al 23% per tutti i redditi fino a 28mila euro (attualmente, dai 15mila ai 28mila pari al 25%), e dunque per questa via molti lavoratori avranno circa 100 euro lordi all’anno per un reddito di 20mila euro annui. Una misura poco incisiva e distante dalle altre scelte in materia fiscale che favoriscono il lavoro autonomo (flat tax per gli autonomi e professionisti al 15% fino a 85mila euro). La misura costerà tra i 3 e i 4 miliardi, ma anche questa è finanziata solo per il 2024.

RINNOVI CONTRATTUALI PUBBLICO IMPIEGO: i contratti sono scaduti il 31.12.2021, e in questi due anni di mancato rinnovo gli incrementi stipendiali sono venuti dall’Indennità di Vacanza Contrattuale (0,50%) e poi dal bonus varato con la Legge di bilancio 2023 (1,50%), che rappresentano pochi spiccioli a fronte comunque di una inflazione a due cifre per diverso tempo che ha ridotto pesantemente il già magro potere di acquisto degli stipendi dei lavoratori pubblici.

Apprezzabile dunque, per noi, la scelta di attribuire ai dipendenti delle Amministrazioni statali un anticipo, a valere sul 2024, di un importo pari a 6,7 volte l’IVC (dunque 0,5 x 6,7 = 3,35%). Questa misura costa 2 miliardi e l’anticipo sarà erogato nella busta paga di dicembre, offrendo un piccolo beneficio rispetto alle magre retribuzioni dei lavoratori, coprendo solo in parte la perdita di potere d’acquisto di questi anni. Tale anticipo però verrà riassorbito con i futuri aumenti. Per i lavoratori pubblici non statali, saranno i rispettivi enti a decidere utilizzando fondi propri.

Sempre in materia di rinnovi contrattuali, il Governo stanzia 3 miliardi per il 2024 e ulteriori 5 dal 2025, risorse che dovrebbero consentire, a giudizio del Ministro, l’apertura delle trattative a partire da gennaio, con priorità per i rinnovi del personale del comparto sicurezza e di quello della Sanità.

Il Segretario Generale Carlomagno ha espresso già il giudizio dato dalla FLP rispetto alle scelte del Governo (vds. Il Sole 24 ore del 20 ottobre scorso) “giudichiamo positivamente l’anticipo di dicembre, ma al contempo “del tutto insufficienti” le risorse sinora stanziate per i rinnovi contrattuali, atteso (lo ha detto lo stesso Ministro!) che per garantire un adeguato rinnovo contrattuale, a fronte di un IPCA (indice per i rinnovi) che sfiora il 18% nel triennio, servirebbero non meno di 31 miliardi di euro, mentre le risorse sin qui stanziate ne coprono solo il 6% (un terzo)!”

Esprimiamo anche una valutazione decisamente negativa rispetto alla scelta di voler continuare a limitare al solo lavoro privato la detassazione dei premi di produttività, che nel 2024 sarà ridotta al 5% (era il 10%).

SANITA’: il DDL destina 3 miliardi di euro alla sanità, di cui gran parte (i 4/5) destinati al rinnovo contrattuale 2022-2024 del personale del comparto, mentre i restanti 600 milioni andranno a finanziare il Fondo Sanitario, con l’obiettivo di ridurre le liste di attese, attraverso il ricorso a lavoro straordinario e maggiori turni del personale e destinando anche maggiori risorse al privato convenzionato. Non è previsto invece un piano straordinario di nuove assunzioni (mancano oltre 15.000 medici), e con la preannunciata e scellerata modifica di calcolo della quota retributiva della pensione per il personale con meno di 15 anni di contribuzione al 1.1.1995, si prevede un forte esodo per fine anno. Dunque, una manovra che, sul fronte della sanità pubblica, presenta parecchie ombre.

SPENDING REVIEW AMMINISTRAZIONI CENTRALI: una buona parte delle risorse non in deficit destinate alla copertura della manovra di bilancio 2024 provengono da una nuova spending review in capo alle Amministrazioni Centrali con l’obiettivo di risparmiare 10 miliardi di euro nel triennio (1,9 miliardi invece per il solo 2024). Il DDL reca per ciascuna Amministrazione Centrale le riduzioni di spesa previste, che, in caso non fossero traguardate, darebbero luogo a un taglio lineare del 5%.

TFS/TFR: nulla invece nel DDL, e la circostanza ci appare grave, per dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 130/2023 sul TFS e per allineare le regole tra pubblico e privato, come abbiamo chiesto (lo ha ricordato anche Carlomagno, sempre nell’articolo del Sole 24 Ore già citato).

Questi i contenuti più rilevanti del DDL Bilancio 2024 approdato al Senato, che evidenziano più ombre che luci e che non sarà facile rimuovere a causa della scelta del Governo di non presentare emendamenti, bocciando quelli delle altre forze politiche.

Pur tuttavia, abbiamo avviato iniziative sul fronte parlamentare, in primis per aumentare le risorse per i rinnovi contrattuali e per dare attuazione alla sentenza della C.C. sul TFS, e ne daremo come al solito puntuale conto ai colleghi.

Giancarlo Pittelli

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