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GLI ESPERTI RISPONDONO

Smart working verso la proroga nel 2023 ma non per tutti

Dovrebbe arrivare per il 2023 la proroga della tutela pensata per proteggere i lavoratori a rischio di contrarre il Covid sul posto di lavoro

Potrebbe arrivare presto la proroga per lo smart working. Il Governo starebbe lavorando alla misura, pensata per prevenire i contagi da Covid e la diffusione del coronavirus nei posti di lavoro. Tuttavia non interesserebbe tutte le tipologie di lavoratori. Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi e come confermato da Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro, nel prossimo decreto Milleproroghe.

Smart working per lavoratori fragili e con figli verso la proroga

Ancora una volta lo smart working riguarderebbe i lavoratori fragili e i lavoratori con figli fino ai 14 anni di età, considerando che la misura attuale che tutela queste categorie è in scadenza il 31 dicembre 2022.

Secondo quanto riportato dal sottosegretario, sono in corso le dovute valutazione con il Ministero della Pubblica amministrazione per una proroga che estenderebbe la misura a tutto il prossimo anno. A ogni modo sarà valida sia per il settore pubblico che per quello privato.

Cosa prevede la norma attuale che regola lo smart working in Italia

Nella categoria dei lavoratori fragili, istituita dal decreto Cura Italia del 2020, rientrano tutti quei dipendenti dotati di apposita certificazione medica che attesta un maggiore rischio di sviluppare danni e sintomi gravi da Covid. Si tratta dunque di persone che hanno patologie pregresse, hanno disabilità gravi, sono pazienti oncologici e/o sono sottoposte a terapie di immunosopressione.

La norma attuale prevede la garanzia del diritto allo smart working per i lavoratori fragili o che hanno figli fino ai 14 anni di età, a patto che le mansioni svolte siano compatibili con il lavoro da remoto.

Dall’introduzione delle misure che hanno portato il lavoro nelle case di ben 5 milioni di italiani, la pratica si è diffusa capillarmente nelle aziende. Attualmente vengono in genere garantiti 2 o 3 giorni di smart working anche ai lavoratori che non rientrano nella categorie categorie protette. Le stime parlano di almeno 3,6 milioni di italiani che oggi non lavorano in sede ricorrendo a questo strumento.

Cosa ha detto sullo smart working Paolo Zangrillo, ministro della Pa

Lo scorso 28 novembre, in un’intervista pubblicata su La Stampa, il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo aveva dichiarato che per effetto della pandemia gli smart worker si sono decuplicati rispetto ai 500 mila presenti in Italia prima del 2020. E ha sottolineato che “è sbagliato” pensare che nel settore pubblico ci siano meno tutele per chi opta per lo smart working.

Ha poi spiegato che esistono già attualmente molteplici contratti collettivi che prendono il ricorso alla misura e che l’unico requisito tanto per il pubblico quanto per il settore privato è solo quello di organizzare il lavoro agile garantendo la produttività, passando da una logica di controllo alla “misura del risultato” e alla “verifica delle performance“. Solo in questo scenario, ha dichiarato ancora, lo smart working può essere uno strumento utile.

Qua il piano sullo smart working del ministro Zangrillo. Il lavoro agile non sempre conviene. Vi abbiamo spiegato qua quanto costa lo smart working in termini di bollette. E mentre questa pratica si consolida sempre più, in Italia sta nascendo anche il lavoro a domicilio, di cui vi abbiamo parlato qua.

FONTE: QUIFINANZA
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