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GLI ESPERTI RISPONDONO

PNRR, GOVERNANCE E CAPACITA’ AMMINISTRATIVA

RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE FLP MARCO CARLOMAGNO

Riorganizzazione, assunzioni, formazione, infrastrutture

e digitalizzazione, lavoro agile, contratti

No a ulteriori interventi legislativi,

sì a una vera semplificazione amministrativa

Palazzo Baldassini – Roma

15 febbraio ore 10:30

Per realizzare gli ambiziosi obiettivi del PNRR, le Pubbliche Amministrazioni sono chiamate a compiere uno sforzo congiunto di proporzioni eccezionali, senza avere però adeguate risorse per farlo.

L’insediamento della XIX legislatura e i primi cento giorni del governo Meloni confermano l’urgenza, dalla FLP più volte evidenziata in questi mesi, di affrontare con decisione, e finalmente con una prospettiva di lungo respiro, le questioni relative al buon funzionamento delle PA.

Il report sullo stato di avanzamento dei progetti, in particolar modo quelli legati alle attività degli enti locali, evidenzia criticità prevedibili, legate alla scarsità di personale, alla mancanza delle professionalità necessarie e al permanere di procedure farraginose e di lungaggini burocratiche. Una situazione che rischia di compromettere il raggiungimento degli obiettivi del 2023 e alla conseguente erogazione di circa 24 miliardi previsti per il raggiungimento dei 69 progetti ancora aperti nel 2023.

Ma quali sono le principali criticità che si sono manifestate in questi mesi?

In primo luogo la carenza negli organici, che rappresenta uno dei nodi tematici cruciali: il personale effettivo, infatti, è in media inferiore del 50% rispetto alla dotazione organica e al di sotto di tutti i Paesi dell’Unione Europea. Le difficoltà dell’organico non sono relative solo alla scarsità di personale, ma anche all’anzianità dello stesso – con una media superiore ai 50 anni di età – e al non allineamento delle qualificazioni con gli obiettivi proposti.

Nei Comuni, ad esempio, manca più di un terzo del personale previsto in organico e solo l’1 % ha meno di trent’anni mentre più del 20% supera i sessanta. E la cosa non cambia di molto nelle Amministrazioni centrali, nella sanità e nella stessa scuola, dove si è fatto negli anni ricorso massiccio al precariato per coprire le spaventose carenze di organico.

Sul piano delle retribuzioni e delle professionalità ci si deve confrontare da una parte con percorsi di carriera ancora in gran parte bloccati e con la mancata valorizzazione del personale e, dall’altra, con retribuzione basse, non in linea con i compiti richiesti, e scarsamente attrattive per i nuovi assunti.

Un quadro desolante che deriva da decenni di disinvestimenti e di impoverimento delle nostre Amministrazioni. In Europa siamo il Paese che investe meno sul personale pubblico, solo il 9,5 % del PIL, molto dietro la Francia (12,3%) che storicamente ha una tradizione importante nel riconoscimento delle funzioni pubbliche, ma anche meno di Spagna 11,5%), Portogallo (10,9%) e Grecia 10,3%).

Ma anche il rapporto più generale Spesa pubblica/PIL ha visto negli ultimi vent’anni una netta contrazione degli investimenti e delle risorse a tale scopo destinate, con una riduzione del 14,9% rispetto alla crescita media del 12% dell’UE.

Il risultato di tale scellerata azione politica (blocco del turn over, invecchiamento del personale, mancata formazione, scarsa digitalizzazione, bassi stipendi etc) ha provocato una riduzione dei livelli di efficacia e di efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici e della qualità e tempestività dell’azione degli Uffici e, conseguentemente, grandi difficoltà a raggiungere alcuni fondamentali progetti del PNRR.

Le assunzioni di questi mesi, pur velocizzate e semplificate, non sono sufficienti nel numero a coprire le enormi vacanze di organico, sono in gran parte a tempo determinato e quindi precarie, e la necessaria velocità dei tempi di reclutamento non ha permesso di selezionare personale già pronto per lavorare su specifici progetti, spesso di natura tecnica e progettuale. Come rilevato dal Formez, al termine dei concorsi banditi lo scorso anno, è rimasto scoperto il 71,6% dei posti banditi per ingegneri e architetti, il 58,3% di quelli per analisti del mercato del lavoro e il 37,5% di quelli per statistici e informatici.

La scarsa attrattività derivante dai bassi livelli salariali di ingresso rispetto alle professionalità richieste, le differenziazioni retributive tra un’amministrazione e l’altra, unitamente al costo della vita crescente, ha portato al fenomeno della mancata copertura anche dei posti amministrativi in numerose amministrazioni che più avevano bisogno di personale (Ispettorato Nazionale del Lavoro, Ministero delle Imprese e del made in Italy, Infrastrutture, etc).

Trent’anni di mancati investimenti, di esternalizzazioni selvagge, di appalti discutibili, non si azzerano nell’arco di un anno. Per dare concretezza al PNRR è necessaria un’inversione di tendenza che dovrà prevedere un piano di reclutamento più ampio e specifico, unitamente al pieno utilizzo di tutte le leve che sono necessarie per il buon funzionamento di un’Amministrazione: formazione, valorizzazione del personale, nuovo ordinamento professionale, investimenti tecnologici dal punto di vista infrastrutturale mediante la realizzazione del polo strategico nazionale, la realizzazione della banda larga e del 5G su tutto il territorio nazionale, la migrazione delle banche dati in un cloud di interconnessione e fruibilità, la semplificazione delle procedure.

Particolare attenzione andrà riservata alla piena attuazione del principio once only evitando, come avviene ancora oggi in molte situazioni, che le Pubbliche amministrazioni chiedano a cittadini e imprese, documentazione già in possesso di altra Amministrazione.

Sempre in tema di digitalizzazione una particolare attenzione andrà riservata alla sicurezza dei dati e delle banche dati (cybersecurity), in quanto vi è una stretta correlazione tra piena digitalizzazione, fruibilità dei servizi, accessibilità ed accountabilty e allo stesso tempo sicurezza nazionale.

Ma anche a livello di organizzazione e cultura del lavoro c’è molto da fare: permangono ancora, infatti, una cultura del mero adempimento, arretratezza tecnologica, culto dell’atto amministrativo, scarso ricorso alla contrattazione integrativa e alle politiche retributive basate sul raggiungimento degli obiettivi e sulle perfomance, senza dimenticare le criticità nella gestione del clima interno e del benessere organizzativo. E ancora, concorrono alla complessità del quadro i bassi livelli di digitalizzazione e di innovazione organizzativa, salvo poche eccezioni (Agenzia Entrate, INPS, etc) che hanno attivato la fruibilità da remoto di molti servizi. Non certo ultima in ordine di gravità, infine, è la carente sicurezza sul lavoro, legata alla diffusione di uffici non a norma.

Come FLP riteniamo che vada innanzitutto affrontato il tema di come superare il conflitto tra le competenze e i ruoli delle Amministrazioni centrali e territoriali, che crea difficoltà a cittadini e imprese nell’individuazione del giusto interlocutore istituzionale, contribuisce a deresponsabilizzare i decisori, rende meno fluido il circuito dell’adozione degli atti e dei provvedimenti.

Per rendere efficaci e realizzabili questi obiettivi, riconosciuti come necessari ormai dalla maggioranza degli attori, a partire dalla dirigenza più avveduta, dagli stakeholders, dalle rappresentanze datoriali e dei lavoratori, è necessario cambiare paradigma.

L’ultima riforma dell’articolazione delle nostre Amministrazioni centrali risale al 1996 (Legge Bassanini) e da allora abbiamo assistito solo ad operazioni disorganiche, a spacchettamenti o a ricomposizione di Amministrazioni dettate in gran parte da equilibri politici, dalla necessità di creare nuove poltrone di governo e di sottogoverno, che hanno reso ancora più complessa l’azione amministrativa, per troppo tempo impegnata unicamente a scrivere ed a riscrivere atti di riorganizzazione interna piuttosto che a garantire servizi a cittadini e imprese. Bisogna abbandonare la politica delle iniziative estemporanee, last minute, quella degli annunci a effetto, o quella che si limita, quando va bene, a scimmiottare malamente, calandole dall’alto, esperienze straniere, come l’adozione del cosiddetto New Public Management, i cui risultati non sono stati pari alle aspettative neanche in quei Paesi dove comunque in questi anni si è investito sulla Pubblica Amministrazione Amministrazioni e le si è riconosciuto un ruolo centrale per il buon funzionamento delle istituzioni. Un modello che sicuramente poneva un approccio basato sulla programmazione, la rendicontazione, la misurazione degli obiettivi e l’efficacia dell’azione amministrativa, ma che non metteva in discussione i livelli organizzativi e che in Italia è stato inteso nel senso di spostare l’asse della legislazione, del rapporto di lavoro pubblico e dei soggetti gestori di pubbliche funzioni sul regime giuridico del lavoro privato, con risultati in termini di efficienza e di costi delle nostre pubbliche amministrazioni finora catastrofici.

I veri cambiamenti, le innovazioni si producono dal basso, dall’interno, promuovendo e incoraggiando le migliori pratiche in sinergia con gli stakeholders e la società civile. Concetti come quelli di Governance e di Accountability debbono essere tradotti in pratica concreta, privilegiando modelli organizzativi orizzontali piuttosto che verticali, aprendo alla società civile le nostre Amministrazioni non solamente ai fini di una maggiore fruibilità dei servizi resi, ma anche nella fase della costruzione delle decisioni, passando dal modello unidirezionale a quello interattivo e partecipativo.

Per quanto concerne poi tutta la partita della cosiddetta semplificazione amministrativa vanno evitati, ove possibile, e comunque mirati solo ad operazioni di coordinamento e razionalizzazione delle norme vigenti, nuovi interventi di natura legislativa, operando invece sui singoli processi, sull’organizzazione del lavoro, sui livelli gerarchici, sulla digitalizzazione delle procedure.

La nuova riformulazione del codice degli appalti può rappresentare, ad esempio, un efficace strumento di semplificazione a condizione che non sia un inaccettabile arretramento nel contrasto ai fenomeni di corruzione e che garantisca il miglior rapporto qualità prezzo e non le logiche del massimo ribasso.

Bisogna poi interrompere la stagione delle esternalizzazioni e delle cosiddette operazioni “In House”, che non hanno migliorato l’efficienza dei servizi, privilegiando modelli organizzativi che permettano alle PA erogatrici di servizi e prestazioni, di muoversi secondo una logica di costi-benefici;

Sul piano dell’organizzazione, una priorità assoluta sono gli investimenti sulla digitalizzazione delle Amministrazioni, sulla reingegnerizzazione dei processi e soprattutto sulla interoperabilità delle banche dati.

Allo stesso tempo, è necessario implementare nuovi modelli organizzativi che incentivino il lavoro per obiettivi, la trasversalità delle competenze, il lavoro di gruppo, l’autonomia professionale.

In questa ottica il lavoro agile è uno strumento fondamentale, e l’esperienza di questi anni non deve essere abbandonata.

Il lavoro agile è uno strumento di modernizzazione delle Pubbliche amministrazioni sia ai fini del superamento del gap digitale che ancora affligge molte amministrazioni, che per innovare i modelli organizzativi e gli stessi processi lavorativi.

Per poter efficacemente implementare il lavoro agile è necessario operare su più direttrici.

La prima è sicuramente quella di una vera rivoluzione digitale che passi attraverso interventi infrastrutturali, quali quelli della realizzazione della banda larga su tutto il territorio nazional, le dotazioni informatiche delle Amministrazioni in termini di numero e di qualità, la digitalizzazione dei processi in gran parte ancora cartacei, la creazione e l’interoperabilità delle banche dati.

A questo si deve accompagnare un processo di modifica organizzativa che adegui gli assetti alle nuove tecnologie e alle nuove forme di lavoro.

Bisogna accorciare i livelli di responsabilità, diminuire l’eccessiva gerarchizzazione delle strutture che in questi anni hanno aumentato i livelli di burocrazia e la deresponsabilizzazione degli addetti.

Bisogna privilegiare un’organizzazione più orizzontale e meno verticale, in cui venga riconosciuta maggiore autonomia, il lavoro per team. In cui si premino le innovazioni, le proposte, si valorizzino i tanti talenti presenti.

Valorizzare la dirigenza, aumentandone i profili di managerialità e di capacità di gestire processi e dinamiche organizzative, mediante un sistema di valutazione basato sui risultati e non sugli adempimenti o sulla mera presenza, riconoscendo il diritto alla carriera, a mettersi in gioco e a migliorare il proprio ruolo nell’organizzazione.

È necessario anche ridisegnare la mappa dei processi lavorativi e le professionalità necessarie, prevedendo unitamente al reclutamento delle professionalità mancanti, la riconversione di quelle oggi presenti, mediante processi di formazione diffusa e permanente.

Vanno riconsiderati i fabbisogni delle Amministrazioni, le loro articolazioni e le diverse missioni e competenze, riscritti gli ordinamenti professionali per adeguarli alle sfide del cambiamento.

Il lavoro agile non è unicamente una importante opportunità di conciliazione vita lavoro, ma resta una formidabile modalità di innovazione organizzativa e di modernizzazione delle strutture.

In tale ambito assume una notevole importanza anche il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro. Le riforme per essere efficaci debbono essere accompagnate da un sistema di partecipazione diffusa, che coinvolga tutti gli attori, dal personale ai cittadini, alle imprese, a tutti gli stakeholders. Il vero punto di svolta è passare dall’inaccettabile logica dei fannulloni e dei furbetti del cartellino, che ha permeato le azioni della cattiva politica di questi decenni, al pieno riconoscimento del ruolo e del valore del lavoro pubblico, che come recita la nostra carta costituzionale è garanzia dell’esercizio corretto delle funzioni statali e volano per lo sviluppo economico.

Sempre per quanto riguarda le risorse umane, è necessario aprire da subito il confronto per rinnovare i Contratti scaduti a dicembre 2021, adeguare il potere di acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori all’aumento del costo della vita, rendere effettivo il nuovo ordinamento professionale definito dai CC.NN.LL., contribuendo alla piena valorizzazione e al costante aggiornamento dei dipendenti”.

In tale direzione è necessario dare nuovo impulso al confronto con il Governo e il Parlamento affinché vengano poi tradotte in azioni concrete le analisi e le valutazioni che giungono non solo dal sindacato, ma dal mondo delle imprese, della ricerca e della società civile.

Un confronto che per quanto concerne la Pubblica amministrazione finalmente partirà ai primi di marzo con il Ministro Zangrillo, che, per la complessità dei temi di natura economica, istituzionale, tecnologica, e sociale, non potrà non riguardare l’azione di governo nel suo complesso.

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