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GLI ESPERTI RISPONDONO

Rinnovo contrattuale: i sindacati rilanciano, il governo in parte apre, ma chiede di più.

Rinnovo contrattuale: i sindacati rilanciano, il governo in parte apre, ma chiede di più.

Nel corso della puntata di ieri di Porta a Porta il premier Matteo Renzi  ha aperto, seppur senza azzardare cifre, alla possibilità di reperire nuove risorse aggiuntive per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

I 300 milioni stanziati con la finanziaria 2016, infatti, sono sicuramente insufficienti a garantire un rinnovo contrattuale che tuteli la dignità delle retribuzioni dei 3 milioni di dipendenti pubblici italiani, i cui salari sono fermi da 6 anni, in virtù delle diverse leggi finanziarie che si sono susseguite.

In vista della riapertura, dopo la pausa estiva,  delle operazioni di avvicinamento all’apertura della contrattazione, con un incontro previsto per i prossimi giorni, i sindacati escono allo scoperto lanciando sul tavolo una richiesta non da poco: 7 miliardi.

La cifra è notevole, come altrettanto notevole è la sua distanza dallo stanziamento attuale.

Secondo i sindacati 7 milioni sono la quinta parte del danno subito dai dipendenti pubblici nell’ultimo quinquennio di blocco contrattuale, stimato dalla Corte dei Conti in circa 35 miliardi.

Tradotto in adeguamento pro-capite significherebbe una cifra media, lorda, di circa 212 euro per ciascun dipendente che, al netto delle tasse, che rientrano nelle casse dello Stato, porterebbero a buste paga più pesanti per circa 132 euro.

Pare difficile che il Governo possa accogliere questa istanza dei sindacati, viste le cifre in ballo, mentre invece potrebbe essere più plausibile un avvicinamento a quello che è il livello di adeguamento salariale nella contrattazione privata, che comunque porterebbe un impegno di spesa di 1,2-1,5 miliardi, con un beneficio per gli stipendi dei dipendenti pubblici di circa100-130 euro mensili.

Molto distanti, in ogni caso, dai 300 milioni finora in ballo.

Dai segnali che arriveranno dal Ministero del Tesoro dopo le trattative con Aran dipenderà il tenore del prossimo autunno, che rischia di preannunciarsi molto caldo su questo fronte.

Dal canto suo anche il Governo lancia dei segnali. Oltre alla teorica apertura di Renzi verso possibili risorse aggiuntive (“se ne può parlare”), arriva la proposta (in verità nata da alcuni sindacati) di alcune possibili contropartite da chiedere ai lavoratori. A cominciare dall’orario, che potrebbe essere portato a 40 settimanali a fronte delle 36 attuali, pur con la possibilità di scelta per i dipendenti se aderire all’estensione di orario oppure no, con una remunerazione aggiuntiva per chi scegliesse di lavorare di più.

Sul tavolo dei rinnovi pesa, inoltre, l’avanzamento della riforma del Pubblico Impiego, il cui Testo Unico verrà varato entro il prossimo febbraio.

La bozza delle partite contrattuali dovrà uscire dai tavoli con Aran entro il 15 settembre, per passare poi alla fase conclusiva con il Ministro Madìa, mentre alcune sigle sindacali non sarebbero contrarie e uno slittamento dei rinnovi in cambio della definizione di linee certe sulla riforma del Pubblico Impiego e di una indennità di “vacanza contrattuale” (circa 50 euro).

La questione è tutt’altro che semplice, quindi, anche se ai vertici delle priorità del Governo in queste settimane. Secondo il sottosegretario all’Economia Zanetti, infatti, la questione del rinnovo contrattuale del Pubblico Impiego è, in agenda, seconda soltanto agli sgravi fiscali per le imprese, e precede di una posizione la questione dell’innalzamento delle pensioni più povere.

Nel frattempo la proposta del Comitato di Settore Comparto Regioni-Sanità sull’atto di indirizzo per il personale del comparto sanitario e per la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria sottoposto al Ministero dell’Economia nelle settimane scorse è incappato in alcune richieste di precisazioni del Ministero stesso, che ritiene di non poterle valutare positivamente sotto il profilo della “compatibilità economica”. Mancherebbe infatti, nel documento, la specificazione delle risorse necessarie e del fatto che esse dovranno derivare da appositi accantonamenti nei bilanci regionali, di cui non c’è assicurazione. Il MEF, inoltre, osserva che alcune “indicazioni all’Aran riguardanti specifici aspetti del rapporto di lavoro si pongono in contrasto con vigenti disposizioni normative e/o sono suscettibili di determinare maggiori oneri, allo stato non quantificabili attesa la generica formulazione delle stesse, che difficilmente possono trovare copertura nelle risorse disponibili”.

Massimo Garavaglia, Presidente del Comitato, assicura che ci si sta muovendo con confronti tecnici per fornire puntuali e precise risposte alle obiezioni del Ministero, e confida che ogni riserva verrà sciolta già nelle prossime riunioni.

 

Fonte:

La Repubblica (17 agosto 2016)

Il Messaggero (8 settembre 2016)

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